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Rigenerazione urbana e territoriale: il nostro punto di vista

Rigenerazione urbana e territoriale: il nostro punto di vista

  1. Continuare a vivere, non solo a cambiare (oppure trasformare?).
    In questo momento storico così complesso, segnato da crisi economiche, tensioni geopolitiche, nuove modalità lavorative e mutamenti sociali profondi, è fondamentale tornare a riflettere sul significato della rigenerazione dei territori. Noi di Terracomunica crediamo che rigenerare non significhi solo cambiare (trasformare), ma continuare a vivere i luoghi che ci appartengono, anche  i piccoli comuni come Gubbio, con responsabilità e consapevolezza.Da quasi trent’anni organizziamo eventi culturali che mettono al centro i saperi e le persone di Gubbio, la città in cui siamo nati e cresciuti in lungo percorso di pensiero condiviso, scambio culturale e azione concreta. Per noi la rigenerazione territoriale non può prescindere da un approccio partecipato: il “fare insieme” diventa il cuore pulsante della trasformazione. Non servono grandi progetti calati dall’alto, ma processi condivisi tra comunità, professionisti, istituzioni, associazioni e cittadini, capaci di confrontarsi e co-costruire nuove visioni.
  2. La rigenerazione non è solo una questione edilizia, ma riguarda la capacità di dare un nuovo senso agli spazi, ripensandoli come luoghi vissuti e inclusivi. Piazze, vie, parchi, aree verdi e persino ex parcheggi possono diventare nuove agorà, luoghi d’incontro, di creazione e di immaginazione. Insomma, spazi di vita. È urgente passare da una logica del “costruire per opportunità economica” a quella della “progettare con consapevolezza”, studiando i bisogni reali delle persone e dei territori.Nei piccoli comuni la progettazione urbana può contrastare lo spopolamento, l’over-tourism stagionale e la massificazione incontrollata di grandi eventi storici. Si pensi alla Festa dei ceri di Gubbio, per esempio, o al vuoto sociale e culturale che spesso accompagna i mesi di bassa stagione. Servirebbe una visione del tempo e dello spazio capace di mettere al centro l’equilibrio tra permanenza, bellezza e funzione, evitando di trasformare i territori in riserve da tutelare a intermittenza o belle cartoline  per i turisti.
  3. Parliamo spesso di sostenibilità, ma è tempo di andare oltre. Il termine “sostenibile” è diventato ormai inflazionato, spesso svuotato del suo significato più profondo per trasformarsi in uno slogan generico. A noi piace parlare di responsabilità: verso i territori, verso chi li abita, verso le generazioni future.La responsabilità che nasce dalla conoscenza e dalla consapevolezza si nutre del confronto tra professionisti, esperienze e visioni differenti, e si traduce in cura concreta degli spazi e delle identità locali.

    La crisi economica attuale impone nuovi approcci. Le amministrazioni, soprattutto nei territori marginali, si trovano a gestire risorse limitate e dovrebbero aprirsi a modelli di sviluppo innovativi: parternariati pubblico-privati, recupero dell’esistente, coinvolgimento attivo delle comunità.

    Esperienze virtuose dimostrano che è possibile: basti pensare alla riqualificazione degli ex scali ferroviari di Milano, o al coraggio di piccoli borghi che hanno scelto di contrastare lo spopolamento con modelli innovativi di vita e lavoro, o ancora comuni che hanno deciso di riposizionarsi per promuovere un turismo più lento che sappia apprezzare e restituire al territorio e alle sue comunità piuttosto che consentire alll’over tourism di consumare soltanto le risorse. 

    Spazi pubblici creati senza conoscenza profonda dei bisogni della comunità e senza il suo coinvolgimento rischiano di trasformarsi in deserti urbani: vuoti, perchè incapaci di accogliere persone e relazioni.

    Forse ripensare gli spazi significa sognare, ma anche progettare con lucidità, mettendo al centro l’uso collettivo, la vita quotidiana, il tempo lungo delle comunità. Diversamente, è un’occasione persa di trasformare i luoghi con responsabilità. 

     

  4. Sarebbe importante uscire dalla logica dell’“io” per abbracciare quella del “noi”, perchè solo nella dimensione collettiva possiamo affrontare le trasformazioni tecnologiche, sociali e culturali con lucidità e apertura. Ci piace sognare e progettare spazi che siano vivi tutto l’anno, rispondendo ai bisogni reali delle persone, luoghi che sappiano accogliere eventi, iniziative, attività quotidiane e relazioni. Così non dovremo più temere over-tourism o spopolamento, ma avremo costruito comunità resilienti e territori abitabili.Noi di Terracomunica crediamo fortemente che la rigenerazione sia prima di tutto un atto culturale. Per questo proseguiamo il nostro impegno nell’organizzare eventi aperti, accessibili e condivisi. 

    Crediamo nella conoscenza diffusa, nel sapere che si scambia e si trasmette, e nella forza dei sogni che diventano progetti. 

    “Da più di trenta anni porto avanti questa visione, ispirata dai Maestri da cui ho ereditato saperi e conoscenze. Forse sì, combatto ancora contro i mulini a vento. Ma continuo a farlo perché so che senza una responsabilità condivisa e senza il coraggio di pensare assieme, non può esserci futuro.”  Con Gratitudine Paolo