A Gubbio tra i rifugiati per fargli conoscere le tradizioni di Gubbio e territorio
L’associazione Terracomunica ha come vocazione raccontare la terra ed i territori, consapevole della loro forza comunicativa, con un approccio culturale.
Questa volta Terracomunica a Gubbio ha scelto, da circa 3 mesi, di coinvolgere i ragazzi rifugiati ed accolti nella struttura gestita da CIDIS Onlus con l’obiettivo di far conoscere la città e la sua Storia.
Quattro appuntamenti ben distinti: una visita alla città di Gubbio tra musei, chiese, e tutto il centro storico. Lo scopo era quello di far capire la storia l’arte e la cultura della terra che li ospita.Altri appuntamenti dedicati alla cucina tipica con la preparazione e l’assaporamento del friccò di pollo, agnello e coniglio, la crescia, i salumi tipici, il vino umbro e le birre artigianali dei microbirrifici del territorio; poi proseguendo con la cucina TERRACOMUNICA ha organizzato una serata a base di pizza, pollo alla cacciatora e dolci della tradizione umbra con i ragazzi stranieri che sono diventati provetti cuochi guidati da Sara Pieretti sous-chef del ristorante hit-out osteria gourmet di Assisi. Infine Mercoledì 11 e Venerdì 13 maggio i ragazzi hanno incontrato alcuni eugubini amici e collaboratori di Terracomunica per visionare un filmato della Festa dei Ceri. I ragazzi entusiasti ed interessati hanno contribuito con domande e curiose constatazioni tanto da dare vita ad un interessante scambio culturale.
Per questo Paolo Tosti, ideatore e promotore dell’iniziativa, aiutato da un numeroso gruppo di eugubini afferma: “Da sempre ci raccontiamo e, tramite questo, siamo. Io penso che siamo persone, famiglia, popolo. Ci ritroviamo e troviamo l’altro. Quando il racconto cessa, smette di essere il proprio racconto, smettiamo di esistere, di essere qualcosa di più di i bandiere al vento. Io credo che ogni persona sia comunicatore della propria terra e territorio per questo si deve assumere la responsabilità di cicche racconta e vive. Ogni persona che si incontra è orgogliosa di far conoscere le proprie tradizioni e culture e noi dovremmo essere disponibili ed orgogliosi di far conoscere le nostre a loro. Responsabilmente saremo i primi a tramandare le tradizioni le culture e i nostri cibi. Spesso noi un po’ per paura ci attacchiamo ai riti, ai placidi violenti riti quotidiani perdendo così il racconto, l’anima delle emozioni, e li cerca affannosamente nelle emozioni, sempre più stantie, sempre più tardive, sempre più nostalgicamente perse e consuma, tempo, relazioni, energie insomma si cerca troppo lo spettacolo quando spesso basterebbe accontentarsi del emozione del vivere la Nostra terra e la nostra Festa. Per le persone spesso la refrattarietà alla vita è sempre più chiara quando questa gli viene mostrata da chi ha ancora fame di senso e relazioni, da chi ha ancora sete di conoscenza e di sapere, talvolta innalzando barriere a difesa del suo vuoto riempito di cose, riciclabili, riproponibili all’ infinito e alla fine inutili. Se però ci si ferma, nondimeno ci si sofferma ci si può ancora stupire, raccontare e raccontarsi, ridare luce ad occhi troppo abituati al buio. Riordinarsi e rivivere con semplicità una festa antica quanto i nostri territori. Dare alla speranza, piena improbabile una reale cittadinanza, consapevoli che in una terra da riordinare si deve convivere rispettando le tradizioni e le proprie culture”.